Mezzogiorno, Confindustria: non sprecare fondi coesione

Primi, timidi, segnali di crescita per le imprese del Mezzogiorno. Lo afferma il centro studi di Confindustria in base agli ultimi dati registrati

Giorgio SquinziDopo 7 anni di crisi ininterrotta, il primo passo è rappresentato dall' aumento dell’occupazione al Sud (+0,8% nel primo trimestre 2015 rispetto all’anno precedente).

Dimezzato il ricorso alla cassa integrazione

Diminuisce il ricorso alla cassa integrazione, dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2014. Siamo ancora lontani dal valore pre-crisi del 2007, ma si tratta di un segnale abbastanza chiaro di stabilizzazione dell’economia meridionale, come lo è il buon andamento del fatturato per le imprese meridionali di medie dimensioni.

L'impresa è giovane

Resta la voglia di fare impresa al Sud: il saldo positivo tra imprese cessate e iscritte raddoppia tra il 2013 e il 2014, con quasi 6mila imprese in più, soprattutto grazie alla sensibile riduzione delle cessazioni (quasi 8mila in meno). In prima fila ci sono i giovani: nel 2014 oltre 226mila imprese meridionali sono condotte da giovani, pari al 40,1% del totale. Inoltre, aumentano le imprese meridionali “in rete” (oltre 2.800 a luglio 2015), e le società di capitali (+5% rispetto al 2014), in maniera più robusta rispetto al resto del Paese (anche se su numeri che restano più contenuti). 

Si rafforzano le società di capitali

Le società di capitali vedono aumentare, negli anni più recenti, fatturato e margini come ha mostrato il recente Rapporto Confindustria Cerved, lasciando immaginare un positivo processo di irrobustimento in corso. Il calo dei protesti (ritornati in quasi tutte le regioni del Sud ai livelli del 2007) e lo stabilizzarsi delle procedure fallimentari sono ulteriori segnali di “normalizzazione” da non trascurare. 

Bene il turismo, cresce l'affluenza degli stranieri

In positivo, uno dei dati forse più significativi del 2014, è l’incremento delle presenze e della spesa turistica nelle regioni meridionali, in particolare di stranieri (+700mila tra il 2013 e il 2014), in gran parte in Sicilia, regione che fa registrare un vero e proprio exploit aumentando di circa 1/3 il numero di viaggiatori stranieri, anche grazie all’incremento del traffico dei tre principali aeroporti isolani e del porto di Palermo. Parallelamente, aumenta di quasi mezzo miliardo di euro la spesa dei turisti stranieri, aumento che copre circa metà dell’intero incremento fatto registrare dal Paese nel suo complesso. 

L'industria culturale

Allo stesso modo, cresce (al Sud più che al Nord) la fruizione dei contenuti culturali, segnale di un progressivo miglioramento della situazione economica, ma anche delle grandi potenzialità dell’industria culturale al Sud, che con le sue quasi 120mila imprese, vanta oltre un quarto dell’intera dotazione nazionale. 

Calano gli investimenti pubblici e privati

I molteplici segnali positivi migliorano prospettive e aspettative, ma non ribaltano la situazione descritta nell’Indice sintetico dell’economia meridionale, aggiornato da Confindustria e SRM su base semestrale, che fotografa le principali variabili economiche a fine 2014. A fine 2014 l’indicatore resta sui minimi, portandosi ben al di sotto del valore registrato nell’anno base 2007. A deprimere l’indice continua a essere, soprattutto, il calo degli investimenti pubblici e privati, diminuiti su base annua di oltre 28 miliardi di euro tra 2007 e 2014, cioè di oltre il 35%. 

Export: luci e ombre

Dalle esportazioni vengono segnali contrastanti. A fronte di una consistente crescita nel Centro-Nord tra il 2007 e il 2014 (+11,4%), le regioni meridionali fanno registrare un calo (-2,2%) dal picco di 46,4 miliardi di euro registrato nel 2012, ai 40,6 miliardi nel 2014. Nell’ultimo anno la polarizzazione che caratterizza l’export meridionale si rafforza: torna, infatti, a calare l’export di acciaio e metalli (-15,8%) anche per la riduzione della produzione dell’Ilva di Taranto, e continua il calo dei prodotti petroliferi (-18,9%) e della gomma e plastica (-8,4%), mentre al contrario, sensibili progressi fanno registrare mezzi di trasporto (+17,3%), meccanica (+11,4%) elettronica (+9,8%) e agroalimentare (+8,7%).

Credito: uno scenario a macchia di leopardo

Contrastante è anche la situazione del credito: lo stabilizzarsi di impieghi, domanda e offerta di credito è sintomo di ritorno alla normalità, ma le sofferenze hanno ormai superato i 37 miliardi di euro (contro i 131 del Centro-Nord) e, tra 2013 e 2014, aumenta la divaricazione tra chi migliora il proprio rating e chi lo peggiora. I segnali positivi iniziano a registrarsi con maggiore frequenza anche al Sud, ma sono ancora diffusi in maniera non uniforme tra i territori e tra le imprese. E ciò si ripercuote sulle speranze di ripresa. 

Recuperare la ricchezza perduta: il 2025 è troppo lontano

Secondo le previsioni del centro studi Confindustria, l’Italia dovrebbe tornare a crescere nel 2015 (+0,8%) e in maniera più robusta (+1,4%) il prossimo anno, ma la risalita sarà più “lunga e difficile” soprattutto nel Mezzogiorno, dove i ritmi di crescita sono stati, negli ultimi anni, strutturalmente più bassi di quelli medi italiani. Applicando alle regioni meridionali il tasso di crescita stimato per l’intero Paese (cosa peraltro improbabile, dati i citati ritmi degli ultimi anni), il Sud è destinato a recuperare i livelli di ricchezza perduti dal 2007 (stimabili in oltre 50 miliardi di euro di Pil) non prima del 2025. Una prospettiva sfavorevole, che va contrastata proprio partendo dal dato di maggior debolezza: gli investimenti, vera chiave di ripartenza per l’economia meridionale. 

La speranza nei fondi di coesione

Per viale dell’Astronomia sono soprattutto le risorse della politica di coesione, sia dei fondi strutturali sia dei fondi nazionali, a dover essere impiegate in maniera intensa e accelerata per favorire la ripresa degli investimenti, anticipando e accompagnando la crescita della spesa in conto capitale ordinaria (ipotizzata dal DEF), rispetto alla quale tali investimenti dovrebbero avere carattere addizionale, e superando i vincoli del patto di stabilità europeo grazie a un utilizzo ampio della flessibilità. 

Al tempo stesso - ribadisce l'associazione guidata da Giorgio Squinzi -   i fondi devono costituire l’occasione e lo strumento per consolidare e ampliare i segnali positivi che vengono dalle imprese: con meccanismi fiscali come il credito di imposta per nuovi investimenti e ampliamenti, o come il credito d’imposta per R&S; con strumenti di garanzia e di risk sharing per agevolare l’erogazione del credito; con strumenti mirati come i contratti di sviluppo per favorire investimenti di grandi dimensioni coerenti con la specializzazione intelligente dei territori meridionali; con il potenziamento dell’azione dell’Ice per favorire l’export delle imprese meridionali. 

Confindustria lancia quindi un appello a tutte le istituzioni. Gli ultimi mesi utili per portare a compimento il ciclo di programmazione 2007-2013 e per l’esordio del nuovo ciclo 2014-2020, che muove ora, con colpevole ritardo, i primi passi, sono, infatti, un banco di prova essenziale per il Governo, per i ministeri, per le amministrazioni regionali.