Piano Juncker - primi risultati del FEIS

In Italia il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) ha già finanziato progetti per 1,8 miliardi di euro

Commissione europea

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Un plafond in grado di mobilitare 315 miliardi di euro. Arrivato, nel giro di un anno, a raddoppiare il suo orizzonte, sia in termini di tempo (arriverà al 2020) che di risultati economici. Sono questi gli elementi cardine del Fondo europeo per gli investimenti strategici, il pilastro delle politiche per lo sviluppo della Commissione Juncker. E che in Italia ha già dato risultati importanti: i progetti finanziati fino ad oggi valgono 1,8 miliardi di euro, con picchi come le operazioni del gruppo Arvedi e di Trenitalia. Anche se resta un grande nodo da sciogliere: come questo denaro si integrerà con gli altri programmi europei già disponibili.

Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), in dettaglio, costituisce il nucleo del piano di investimenti per l'Europa, che rappresenta il vero pilastro dei programmi per la crescita della commissione Juncker. Il fondo mira, nella sostanza, a utilizzare finanziamenti pubblici, compresi finanziamenti già inseriti nel bilancio dell'Ue, per mobilitare investimenti privati. Il FEIS è un'entità distinta e trasparente, inserita in un conto separato, gestito dalla Banca europea per gli investimenti. È stato istituito da un regolamento, a luglio del 2015, insieme al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei.

I suoi obiettivi, secondo quanto spiega la Commissione europea nei suoi documenti ufficiali, sono due: fornire alle operazioni di investimento della BEI una capacità di rischio rafforzata e far fronte alle carenze del mercato e alle situazioni in cui l'attività di investimento è eccessivamente ridotta. In termini quantitativi, l’idea di Bruxelles è di contribuire a generare all'incirca 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi in tre anni, sfruttando l’effetto leva garantito dal fondo.

L’effetto moltiplicatore

Questi numeri fanno riferimento a un effetto moltiplicatore che, nel tempo, è diventato famigerato. Il Fondo, infatti, vale 21 miliardi di euro in totale, ma potrà innescare una leva di 1 a 15, generando così i circa 315 miliardi di euro in nuovi investimenti previsti. Questo, nella pratica, significa che il Fondo consente alla Banca europea per gli investimenti di prendere in prestito all'incirca tre volte tale importo, cioè circa 63 miliardi, per investimenti e per il finanziamento di progetti.

I 63 miliardi dovrebbero a loro volta attirare investimenti da parte di investitori privati, per un valore complessivo previsto di circa 315 miliardi. La stima di questo effetto moltiplicatore si basa sull'esperienza acquisita in passato dalla BEI e dalla Commissione europea grazie a progetti analoghi.

Due livelli di governance

Dal punto di vista operativo, la governance del Fondo europeo per gli investimenti strategici è strutturata in due livelli: un comitato direttivo e un comitato per gli investimenti. L'amministratore delegato è responsabile della gestione quotidiana del FEIS e presiede le riunioni del comitato per gli investimenti. Il comitato direttivo, invece, è composto da quattro membri: tre nominati dalla Commissione europea e uno dalla BEI. Questo ha, soprattutto, il compito di individuare qual è il profilo di rischio che il Fondo deve tenere.

Dal punto di vista pratico, il comitato per gli investimenti esamina i progetti e decide quali di essi possono ricorrere alla garanzia Ue. E’ composto da otto esperti del mercato indipendenti e dall’amministratore delegato. “Gli esperti – spiegano da Bruxelles - sono nominati dal comitato direttivo a seguito di una procedura di selezione aperta e trasparente, per un periodo massimo di tre anni rinnovabile una volta”.

La riserva per le PMI

Un pezzo importante del fondo è riservato alle piccole e medie imprese. I progetti, infatti, devono riguardare lo sviluppo di infrastrutture, la ricerca e l’innovazione, la sanità, l’Ict e il settore energetico. Circa un quarto del fondo, però, va dedicato a progetti a sostegno delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione. Considerando impresa a media capitalizzazione una società con un massimo di 3mila dipendenti.

Per essere ammissibili, i progetti devono essere economicamente e tecnicamente fattibili, sostenere gli obiettivi dell'Ue, avere un potenziale effetto leva su altre fonti di finanziamento, essere progetti non attuabili attraverso altri strumenti esistenti. A monte, non sono previste limitazioni territoriali o settoriali.

Durata e fondi raddoppiati

Infine, per completare il quadro del funzionamento del fondo, bisogna fare un cenno alla questione della durata. Dato il successo riscosso nel primo anno di attività, la Commissione ha già deciso di allungare la vita del plafond, raddoppiandolo sia in termini di estensione che di capacità finanziaria. Nella sostanza, allora, arriverà a breve una proposta legislativa che porterà una proroga in grado di offrire in totale 500 miliardi di euro di investimenti entro il 2020. Gli Stati membri, ovviamente, dovranno potenziare i loro contributi in maniera proporzionale.

Oltre alla proroga, la proposta prevede di apportare vari miglioramenti tecnici al FEIS e al polo europeo di consulenza sugli investimenti alla luce degli insegnamenti tratti nel primo anno di attuazione. Uno degli elementi fondamentali del nuovo pacchetto è l'ulteriore rafforzamento del concetto di “addizionalità”: dovranno essere scelti progetti che, senza i finanziamenti del FEIS, non sarebbero stati realizzati nello stesso momento e nella stessa misura.

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I risultati in Italia

Passiamo ora ai risultati. Il primo anno di attività del FEIS ha portato complessivamente a mobilitare investimenti per un totale di 116 miliardi di euro in 26 Stati membri, a sostegno di circa 200mila piccole e medie imprese. In Italia, considerando soltanto il periodo fino al luglio 2016, sono stati licenziati 13 progetti per infrastrutture ma, soprattutto, 30 accordi quadro a beneficio delle PMI.

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I casi Arvedi e Trenitalia

I 13 progetti hanno ottenuto un finanziamento di 1,8 miliardi di euro e dovrebbero mobilitare risorse per 5,7 miliardi, creando circa 3.800 posti di lavoro. Tra questi spicca l’ammodernamento degli impianti siderurgici del gruppo Arvedi, che ha recuperato risorse per 100 milioni di euro. E l’acquisizione di un finanziamento da parte di Trenitalia, nel quadro di un progetto da 617 milioni di euro per il rinnovo del materiale ferroviario. In ballo ci sono anche operazioni sul trasporto autostradale, sulla sicurezza ambientale e sui materiali innovativi. La parte relativa alla PMI, invece, dovrebbe portare a circa 8 miliardi di investimenti.

L’advisory hub

Dal punto di vista operativo, assumono un ruolo strategico alcuni strumenti messi a disposizione dalla Commissione. Come l’advisory hub. L’idea di Bruxelles è che un pacchetto così eterogeneo di strumenti a sostegno delle imprese vada puntellato con un meccanismo di supporto informativo. In sostanza, soprattutto le PMI hanno bisogno di uno sportello al quale rivolgersi per orientarsi tra le opportunità che l’Ue oggi gli offre, a valle del nuovo piano di investimenti e del fondo FEIS.

La piattaforma, allora, “offre un punto di accesso unico sull’offerta a 360 gradi di assistenza e servizi tecnici di supporto”. E si compone di tre pilastri. Il primo è dedicato all’assistenza, fornita da esperti di alto livello, che hanno il compito di offrire consigli a investitori, sia privati che pubblici. Il secondo è dedicato alla cooperazione: i soggetti che accedono alla piattaforma potranno condividere tra di loro informazioni e progetti. Il terzo è dedicato alle nuove necessità delle imprese: nel caso in cui siano individuati dei nuovi settori ai quali rivolgersi, l’offerta dell’hub sarà ampliata.

Il Portale dei progetti di investimento

Un’operazione in qualche modo complementare a questa è il Portale dei progetti di investimento europei (PPIE). Si tratta di una piattaforma che intende rendere più visibili le opportunità di investimento esistenti nell’Ue, offrendo un punto di accesso centralizzato di promozione dei progetti europei, attraverso un formato armonizzato e strutturato.

I problemi operativi

Non tutto, comunque, finora è stato positivo. Resta, soprattutto, da migliorare l’integrazione tra il FEIS e i fondi strutturali e di investimento europei, nelle loro diverse forme. L'idea è che queste risorse possano essere complementari. Nonostante ci siano grande possibilità di integrazione, però, non tutte le autorità locali e regionali degli Stati membri ne sono al corrente.

I fondi SIE possono infatti essere utilizzati per migliorare le condizioni di accesso al credito delle imprese, per l'aggiornamento delle competenze dei lavoratori, per progetti infrastrutturali, e in generale per costruire quella serie di condizioni necessarie a fare del contesto europeo un ambiente favorevole all'innovazione e agli investimenti. Le sinergie tra i diversi strumenti finanziari rispondono anche alle raccomandazioni per una maggiore concentrazione delle risorse Ue, in modo da accrescere l'efficacia della spesa comunitaria. Un punto sul quale bisognerà lavorare in futuro.  

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Photo credit: Gérard Colombat