Finanza sostenibile – in Italia ancora troppe barriere

Presentato il rapporto Finanziare il futuro, con una serie di proposte per rafforzare la finanza sostenibile in Italia.

Finanza sostenibile - Photo credit: Philippe Put via Foter.com / CC BY

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L’Italia si trova di fronte all’opportunità strategica di riorientare il proprio sistema finanziario in modo da sostenere la transizione verso un modello di sviluppo a bassa intensità di carbonio, inclusivo e sostenibile. Permangono tuttavia importanti barriere allo sviluppo delle buone pratiche di finanza sostenibile.

Queste, in estrema sintesi, le conclusioni del rapporto “Finanziare il futuro”, frutto del Dialogo nazionale dell’Italia per la finanza sostenibile, avviato nel febbraio 2016, cui hanno contribuito le istituzioni finanziarie e i soggetti protagonisti dei mercati bancario, assicurativo, della gestione del risparmio e dei capitali. Il Dialogo è stato promosso dal Ministero dell’ambiente in collaborazione con il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP).

Slancio positivo, ma ancora nessun impatto sistematico

Le riforme per rendere sostenibile il settore finanziario possono aiutare a identificare nuove aree di crescita, nuove modalità per rafforzare la solidità delle istituzioni finanziarie e nuove idee per servire meglio i clienti a livello domestico e internazionale, si legge nel rapporto. Per l’Italia, il ruolo preponderante delle PMI nell’economia rende ancor più importante la trasformazione del sistema finanziario nella direzione della sostenibilità.

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Il Dialogo Nazionale ha identificato diversi segnali di cambiamento in Italia, nei settori bancario, assicurativo, del risparmio gestito, nel mercato dei capitali e nella finanza pubblica. Malgrado ciò, non si registra un impatto sistematico nella finanza tradizionale, e ciò per una serie di ragioni:

  • la mancata attribuzione di un prezzo alle esternalità ambientali può rovesciare il profilo di rischio/rendimento di un’operazione finanziaria in termini di sostenibilità;
  • il limitato accesso ai mercati finanziari, specialmente per le PMI, ostacola la loro partecipazione al processo di trasformazione dell’economia in senso sostenibile;
  • i processi di decisione finanziaria non tengono ancora in adeguata considerazione le sfide di lungo periodo, come il cambiamento climatico;
  • l’opinione pubblica italiana non è ancora sufficientemente informata sulla rilevanza delle minacce ambientali per la solidità dell’economia e del sistema finanziario;
  • la cultura finanziaria nel Paese non riconosce sufficiente importanza alle competenze professionali e alle conoscenze necessarie a rispondere all’imperativo dello sviluppo sostenibile.

L’effetto combinato di tutti questi fattori è di generare un flusso di capitali ancora insufficiente verso la green economy, con la prospettiva per l’Italia di non ottemperare agli impegni internazionali di sviluppo sostenibile e di lotta al cambiamento climatico. Poiché in Italia ci si aspetta una crescita della domanda di prodotti e servizi “green” da parte dei consumatori e dei risparmiatori maggiore rispetto ad altri contesti, se non vengono adottati approcci innovativi in campo finanziario il Paese potrebbe non cogliere le opportunità per migliorare la propria performance economica sfruttando le nuove opzioni offerte dai mercati sostenibili.

Come rafforzare la finanza sostenibile

Il Dialogo nazionale ha identificato 18 diverse azioni, che possono essere raggruppate in quattro aree di intervento.

In primis, mettere in atto un quadro regolamentare favorevole, attraverso:

  • Strategia: il Governo potrebbe fare propria l’agenda stabilita al recente vertice G20 e definire un complesso di azioni per rafforzare il ruolo della finanza come motore di sviluppo sostenibile;
  • Finanza Pubblica: Cassa Depositi e Prestiti potrebbe sistematizzare il proprio mandato per lo sviluppo sostenibile in un quadro coerente di politiche e di processi e rinforzare la propria responsabilità verso tutti gli stakeholder. Un’attenzione specifica potrebbe essere dedicata al finanziamento dell’efficienza energetica e delle infrastrutture sostenibili. Non solo le amministrazioni centrali, ma anche gli enti locali – ed in particolare le Regioni – dovrebbero rafforzare l’importanza della sostenibilità nelle politiche pubbliche e nei loro piani, orientando coerentemente i propri investimenti;
  • Politica Fiscale: le spese fiscali potrebbero essere riformate in modo da rimuovere, progressivamente ma con rapidità e certezza, i sussidi ambientalmente dannosi, a partire dal settore dell’energia;
  • Controlli sistemici: la Banca d’Italia e gli altri regolatori dei mercati potrebbero valutare le implicazioni del cambiamento climatico sull’economia e sul sistema finanziario italiani e suggerire misure per la diffusione delle buone pratiche da parte degli operatori finanziari;
  • Cooperazione internazionale: l’Italia potrebbe includere la finanza sostenibile nelle proprie attività di cooperazione con le economie in via di sviluppo (come è stato fatto con i progetti verdi di microfinanza) e assicurare che il profilo di finanziamento delle agenzie di credito all’esportazione sia coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione e resilienza.

Si tratta poi di stimolare l’innovazione finanziaria in alcune aree prioritarie:

  • PMI: è richiesto un rinnovato sforzo per trovare meccanismi che integrino le tradizionali forme di finanziamento bancario per le PMI attive nella green economy con altri strumenti finanziari più sofisticati che permettano un approccio di più lungo periodo;
  • Mercato immobiliare: il governo potrebbe cogliere l’opportunità rappresentata dal Piano Casa per incoraggiare investimenti significativi per migliorare la qualità degli edifici ed aumentare il livello di resilienza verso le catastrofi naturali;
  • Green Bonds: potrebbe essere creato un comitato per lo sviluppo di obbligazioni verdi, coinvolgendo attori pubblici e privati, col compito di identificare e realizzare le azioni necessarie per allargare il mercato, in particolare per facilitare l’accesso allo strumento da parte dei piccoli emittenti e la partecipazione al mercato dei piccoli investitori;
  • Assicurazioni: il Governo e le compagnie assicurative potrebbero esplorare l’opportunità di uno schema nazionale per la copertura dei rischi di catastrofe naturale legati ai cambiamenti climatici, in particolare per l’edilizia residenziale, utilizzando strutture tradizionali e non tradizionali di riassicurazione (CAT bonds, insurance-linked securities, collaterali, etc.);
  • Tecnologie pulite: il Governo e le istituzioni finanziarie potrebbero valorizzare il ruolo dell’Italia all’interno dell’iniziativa “Mission Innovation”, per moltiplicare l’ordine di grandezza dei capitali privati destinati alle tecnologie sostenibili fortemente innovative.

La terza area d'intervento riguarda il miglioramento dell’infrastruttura di mercato in termini di trasparenza e governance, in particolare:

  • Trasparenza dei mercati quotati: oltre alle linee guida che saranno lanciate quest’anno per elevare il livello di trasparenza dei propri mercati, inclusi i flussi derivanti da ricavi sostenibili, Borsa Italiana potrebbe intraprendere ulteriori azioni per aumentare il livello di trasparenza da parte degli emittenti e facilitare il coinvolgimento degli investitori responsabili. L’introduzione di uno schema volontario di certificazione della sostenibilità ambientale dei fondi potrebbe anch’esso aiutare trasparenza e responsabilità dal lato degli emittenti;
  • Rendicontazione delle imprese: l’attuazione della direttiva europea sulla rendicontazione delle informazioni non finanziarie può rappresentare un primo passo per migliorare la trasparenza, preparando il terreno per accogliere le raccomandazioni della task force del Financial Stability Board. Un numero molto più ampio di imprese potrebbe essere incoraggiato a comunicare i propri dati ESG agli investitori e agli altri stakeholder, avendo riguardo alle specificità delle PMI, assieme ai tradizionali dati economici, finanziari e patrimoniali trasparenti e comparabili;
  • Trasparenza degli investitori: tutti gli investitori istituzionali potrebbero comunicare in quale misura i fattori ESG impattino sui propri portafogli e come stiano facilitando la transizione climatica. Potrebbero inoltre dichiarare quanto le proprie politiche di investimento e di esercizio dei diritti di volto considerino i temi ESG e quali risultati derivino dalla loro attuazione;
  • Corporate Governance: il Comitato Italiano per la Corporate Governance potrebbe ulteriormente rafforzare il focus sui temi di sostenibilità, sia ambientali sia sociali, nella prospettiva di creazione di valore a lungo termine, facendo appello ai Consigli d‘amministrazione perché si assumano la responsabilità di adottare strategie coerenti, di stabilire cultura e valori d’impresa, dando il buon esempio, e di incoraggiare forme di retribuzione dei dirigenti legate alle performance di sostenibilità.

Infine, il rapporto suggerisce di rafforzare le capacità, la consapevolezza e le conoscenze in relazione a:

  • Rischio: si potrebbe creare un luogo collaborativo che coinvolga istituzioni finanziarie, università e autorità pubbliche per sperimentare modelli di stress test ambientali e per produrre raccomandazioni per migliorare la capacità di analisi e la disponibilità di informazioni. Le Autorità di vigilanza potrebbero stimolare i propri omologhi a livello europeo a valutare la rilevanza dei fattori ESG, a livello sia microeconomico sia macroeconomico, e a verificare la loro integrazione nei modelli di controllo dei rischi;
  • Consapevolezza dell’opinione pubblica: in collaborazione con le principali organizzazioni della finanza, della società civile, del mondo religioso, del mondo del lavoro e delle fondazioni bancarie, una campagna di informazione potrebbe essere lanciata per evidenziare l’importanza dei rischi ambientali e il ruolo che consumatori e investitori possono svolgere per influenzare il lato dell’offerta sui mercati;
  • Capacity building: le istituzioni finanziarie potrebbero identificare le competenze professionali richieste per alfabetizzare in termini di finanza sostenibile i propri collaboratori e integrarle nei programmi di formazione. Parallelamente, le università e i centri di ricerca potrebbero arricchire la propria offerta educativa sulla riforma del settore della finanza sostenibile, integrando il tema nei curricula professionali nella prospettiva di uno sviluppo continuo;
  • Misurazione dei progressi: valorizzando le competenze e il patrimonio informativo dell’Istat, il Governo potrebbe incoraggiare lo sviluppo di un modello per la misurazione del progresso del sistema finanziario verso lo sviluppo sostenibile, beneficiando anche delle conoscenze già acquisite a livello nazionale e internazionale. Gli esiti di queste attività di monitoraggio dovrebbero orientare le politiche pubbliche.  

> Rapporto Finanziare il futuro

Photo credit: Philippe Put via Foter.com / CC BY