Sharing economy – consumatori Ue delusi e rassegnati

Sharing economy - Photo credit: Foter.comUno studio condotto dalla Commissione europea mostra il lato oscuro della sharing economy.

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Non è tutto oro quel che luccica. Il boom della sharing economy nasconde una serie di delusioni per i consumatori europei. Questo, in estrema sintesi, il succo dello studio condotto dalla Commissione europea sul mercato delle piattaforme peer-to-peer, quella forma di economia collaborativa che mette in relazione direttamente due privati.

Studio Ue: insoddisfatto il 55% dei consumatori

Lo studio di Bruxelles si è focalizzato su 10 Paesi Ue, fra cui l'Italia, ed altrettante piattaforme, considerate come case studies: AirBnB, BlaBlaCar, eBay, EasyCarClub, Nimber, Peerby, Uber Pop/Pool, Wallapop, Wimdu e Yoopies.

Malgrado la maggioranza degli utenti si dichiari soddisfatta o molto soddisfatta dei servizi offerti da queste piattaforme, il 55% dichiara di aver avuto un problema relativo ai servizi nel corso dell'ultimo anno. Problemi che derivano sopratutto dalla scarsa qualità dei beni o dei servizi offerti, o da aspettative deluse rispetto ai servizi stessi.

Ciò nonostante, il 46% dei consumatori che ha dichiarato di essersi scontrato con tali criticità non ha compiuto alcuna azione di rivalsa. La motivazione indicata dagli utenti è semplice: il gioco non vale la candela. I consumatori insoddisfatti, insomma, non hanno ritenuto che ciò valesse il tempo necessario ad intraprendere una qualche azione o hanno considerato la somma di denaro in ballo troppo bassa per rivalersi sulle piattaforme ed ottenere un rimborso.

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Malgrado la sharing economy si basi soprattutto sulle recensioni degli utenti, solo il 40% le scrive regolarmente, e di questi solo il 20,4% ha criticato i servizi offerti. Una possibilità sprecata, verrebbe da dire, dal momento in cui le valutazioni degli utenti dovrebbero costituire la principale fonte di rassicurazione per i fruitori dei servizi offerti dalle piattaforme P2P.

Allo stesso tempo, c'è confusione intorno ai diritti dei consumatori. Non è chiaro se, per piattaforme come AirBnB e Uber, i prestatori di servizi si comportino come privati o imprese e ciò crea incertezza: i diritti dei consumatori, si legge nella nota che accompagna lo studio della Commissione, si applicano solo al servizio che le piattaforme offrono agli utenti, mentre per quanto riguarda affitti e vendite tra privati si applicano le sole norme del diritto civile.

Il Parlamento europeo chiede chiarezza

Il clima di incertezza intorno ai diritti e agli obblighi dei diversi attori all'interno dell'economia collaborativa è alla base delle raccomandazioni espresse dal Parlamento europeo, che nel corso della plenaria di giugno ha approvato la relazione curata dall'eurodeputato Pd Nicola Danti sulla sharing economy.

Le indicazioni fornite da Strasburgo propongono di:

  • assicurare una netta distinzione tra "pari" (ad esempio, i singoli cittadini che offrono servizi occasionalmente) e professionisti;
  • garantire i diritti dei consumatori, informandoli sulle regole applicabili alle singole transazioni e prevedendo sistemi efficaci per risolvere le controversie;
  • garantire condizioni di lavoro eque e adeguate protezioni per tutti i lavoratori delle piattaforme dell'economia collaborativa;
  • applicare obblighi fiscali simili per le imprese che forniscono servizi comparabili, sia nell'economia tradizionale che in quella collaborativa; gli eurodeputati sostengono inoltre la necessità di adottare soluzioni innovative per migliorare gli adempimenti fiscali e chiedono alle piattaforme di collaborare a tal fine.

Alla Commissione europea il PE chiede di chiarire le responsabilità delle piattaforme dell'economia collaborativa al più presto; allo stesso tempo, gli eurodeputati chiedono che la regolamentazione della sharing economy non rappresenti una restrizione a tale modello economico.

> Studio Commissione europea sulla sharing economy

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