Startup – l'Italia non e' tra gli ecosistemi migliori

Startup - Photo credit: Heisenberg MediaUna fotografia impietosa per l'Italia quella fornita dal Global Startup Ecosystem Report 2017.

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Non solo non è fra gli ecosistemi migliori per le startup, ma l'Italia non figura nemmeno nella lista degli “inseguitori”, vale a dire quegli ecosistemi in rapida crescita.

Come suggerisce il nome, The Global Startup Ecosystem Report, curato da Startup Genome, fornisce un quadro dell’andamento degli ecosistemi internazionali delle startup. Quadro da cui l'Italia non esce bene.

I 20 luoghi migliori in cui fare startup

Prima in classifica fra i migliori ecosistemi per le startup innovative – neanche a dirlo - la Silicon Valley, seguita da New York e Londra.

E ancora, nell'ordine: Pechino, Boston, Tel Aviv, Berlino, Shanghai, Los Angeles, Seattle, Parigi, Singapore, Austin, Stoccolma, Vancouver, Toronto, Sydney, Chicago, Amsterdam, Bangalore.

20 migliori ecosistemi startup

Partiamo dal podio. La sola Silicon Valley vanta tra le 12.700 e le 15.600 startup attive, che coinvolgono 2 milioni di occupati; qui si localizza il 28% degli investimenti globali nelle startup early stage.

Meno scontata la posizione di New York, dove per decenni il settore tecnologico è stato oscurato da quello finanziario. Oggi, la Grande Mela può contare su una rete di 6.300-7.800 startup, ed è seconda per investimenti early stage.

Al terzo posto, Londra, che il report definisce la capitale europea delle startup (se ne contano tra le 4.300 e le 5.900). Il braccio finanziario della City offre un importante sostegno agli investitori e alle imprese, e in particolare per quanto riguarda gli investimenti di capitale di rischio, Londra può definirsi leader in Europa.

Fra le new entry di questa edizione del Global Startup Ecosystem Report figurano Pechino, Shanghai e Stoccolma. La Cina si conferma dunque una potenza globale in termini di capacità di creare aziende tecnologiche, dopo gli Usa e il nord Europa.

Guadagnano posizioni in classifica rispetto allo scorso anno Londra (+3), Berlino (+2), Vancouver (+3) e Toronto (+1). Perdono invece terreno Boston, Tel Aviv, Sydney (ognuna arretra di un posto rispetto alla classifica 2016), Singapore (-2), Bangalore (-5), Los Angeles (-6) e Chicago (-11).

Gli ecosistemi promettenti in America, Europa, Asia e Africa

Oltre la top 20, il report esamina le città, le regioni e i paesi che stanno accelerando sul fronte delle politiche e degli investimenti in startup, e che sono prossimi a trasformarsi in ecosistemi ideali per far nascere e crescere imprese innovative tecnologiche.

In America si tratta di: Atlanta, Houston, Città del Messico, Montreal, Ottawa, la città di Quebec, Santiago, San Paolo e St. Louis.

Per l’Europa gli ecosistemi più promettenti sono: Barcellona, Estonia, Francoforte, Helsinki, Gerusalemme, Lisbona, Malta e Mosca.

In Asia: Kuala Lumpur, Malbourne, Nuova Zelanda, Seoul e Sri Lanka.

In Africa: Città del Capo, Johannesburg e Lagos.

Italia del tutto assente

Il Belpaese non solo non figura nella top 20, ma nemmeno nell'elenco dei runner up. Un'assenza pesante, dovuta forse a un ritardo nell'avvio di politiche e investimenti in favore delle startup.

Del resto, un ecosistema florido non si costruisce in un giorno. Si prenda il caso di Tel Aviv, che ha posto le basi per diventare la Silicon Valley israeliana già negli anni '90. Negli ultimi 40 anni, 250 società israeliane sono approdate sul Nasdaq, la maggior parte delle quali proprio con sede a Tel Aviv.

Nella normativa italiana invece il concetto di startup ha fatto capolino solo nel 2012, con il decreto legge 179/2012, meglio noto anche come dl Crescita 2.0.

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Da allora, la policy sulle startup innovative è stata interessata da diversi interventi di potenziamento: provvedimenti quali l'Investment Compact e la legge di bilancio 2017 hanno affinato e ampliato l’offerta di strumenti agevolativi previsti dal dl Crescita 2.0. Inoltre, ulteriori misure, non riconducibili al nucleo originario della policy sulle startup innovative, sono intervenute ad arricchire il quadro complessivo delle politiche per l’imprenditorialità innovativa, si pensi al piano nazionale Industria 4.0.

L'evoluzione normativa è andata di pari passo a un ampliamento degli strumenti e degli interventi agevolativi a favore delle startup innovative. Ma c'è ancora molta strada da fare per far sì che il Belpaese si trasformi in un ecosistema florido per le startup innovative.

Come si sviluppa un ecosistema startup

Il Global Startup Ecosystem Report fornisce quindi un modello di sviluppo di un ecosistema startup tech, indicando 4 fasi:

  • Attivazione: si parte con circa un migliaio di startup, esperienza limitata e poche risorse. L'obiettivo da raggiungere è semplice da intuire: costruire una comunità più ampia e connessa, coinvolgendo talenti, imprenditori locali e investitori;
  • Globalizzazione: molte exit importanti (oltre i 100 milioni di dollari per intenderci) che fanno sì che l'ecosistema si rafforzi e inizi ad attirare startup. Il bersaglio da centrare consiste nell'incoraggiare la connessione con l'ecosistema globale, così che le startup possano passare dal livello locale ad avere risonanza internazionale e trasformarsi in unicorni;
  • Espansione: malgrado la presenza di startup milionarie e unicorni, sussistono lacune sui fronti della ricerca di capitali e della connessione internazionale. Obiettivo: espandere l'ecosistema e colmare tali lacune attraendo risorse internazionali;
  • Integrazione: è l'ultima fase, quella in cui un ecosistema può considerarsi davvero stabile e tale da potersi integrare nei flussi di risorse e conoscenze globali, nazionali e locali, all'interno e all'esterno del settore tecnologico, ottimizzando le leggi e le politiche per sostenere la propria competitività e crescita e diffondere i vantaggi acquisiti con altri settori.

> The Global Startup Ecosystem Report 2017

Photo credit: Heisenberg Media