Nuova via della Seta - lo studio di SACE sulle opportunita' per l'Italia

Suez Channel - U.S. Navy photo by Mass Communication Specialist 2nd Class Jason R. ZalaskyCon l'aiuto di un report di SACE analizziamo il progetto cinese della Nuova via della Seta, con un focus sui rischi da scongiurare e le occasioni da sfruttare per le imprese italiane. 

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OBOR: obiettivi e numeri del progetto

La Belt & Road Initiative - spiega SACE, società operante nell'export credit che insieme a SIMEST forma il Polo per l'Internazionalizzazione del Gruppo Depositi e Prestiti (CDP), nel suo studio dal titolo "One Belt One Road: ultimo treno per Pechino" dedicato alla Nuova via della Seta - è un progetto strategico lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013 che prevede la creazione due corridoi:

  • un corridoio terrestre (One Belt) che interessa tutti i Paesi situati lungo la Via della Seta originale, attraverso Asia centrale, Asia occidentale, Medio Oriente, Russia ed Europa. In più, la nuova rotta collegherà la Cina all'Asia meridionale e al Sud-Est asiatico,
  • un corridoio marittimo (One Road), sulla base della Via della Seta Marittima del XXI secolo, che va dalle coste della Cina verso l'Europa attraverso il Mar Cinese meridionale e l'Oceano Indiano, in un verso, e dalla costa della Cina attraverso il Mar Cinese meridionale e il Pacifico meridionale, nell'altro.

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L’iniziativa, spesso chiamata OBOR (acronimo del nome ufficiale del progetto: One Belt, One Road), punta a collegare Cina e Europa, si legge nel documento di SACE,  sia attraverso “collegamenti fisici”, garantiti dalla costruzione di nuove infrastrutture, che tramite la creazione di “un’area di cooperazione politica ed economica” tra le economie mondiali coinvolte.

Tra i principali obiettivi che il governo di Pechino intende raggiungere con la Belt & Road initiative, SACE individua: 

  • aumento di volume ed efficienza del commercio tra Cina e Paesi europei,
  • accesso diversificato a fonti di approvvigionamento energetico,
  • espansione dell’influenza politica ed economica cinese,
  • esportazione della sovraccapacità produttiva cinese,
  • sostituzione della Cina agli USA come nuovo attore chiave dell’economia globale.

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Passando ai numeri, ecco quanto vale l’iniziativa della Nuova via della Seta:

  • il valore totale del progetto ammonta a 1.400 miliardi di dollari, equivalente al Pil nominale di Paesi come Canada, Corea del Sud e Russia.
  • sono in via di implementazione 900 cantieri prioritari che valgono complessivamente 890 miliardi di dollari,
  • 65 sono i Paesi coinvolti nel progetto e 11 quelli fisicamente attraversati dalle nuove infrastrutture,
  • dal punto di vista ferroviario, si parla di 13mila km di tratta, da Chongqing (Cina) a Duisburg (Germania) percorribile in 14 giorni.

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I rischi per l’economia italiana

Mentre nelle vie della seta di Marco Polo l’Italia era un polo di partenza e di arrivo, si legge nella parte del dossier dedicata da SACE ai principali rischi di OBOR per le imprese italiane, nella Nuova via della Seta l’Italia potrebbe rimanere in secondo piano. 

Per ciò che concerne il corridoio terreste, la linea ferroviaria che collega in 14 ore di viaggio la Cina all’Europa offrirà un’interessante alternativa di trasporto alle aziende automobilistiche tedesche, che finora erano obbligate a far transitare per l’Italia - per poi imbarcarli -  i propri prodotti destinati ai mercati orientali. Il vantaggio competitivo per le imprese teutoniche “rappresentato dal trasporto diretto verso la Cina” sarà, dunque, un possibile svantaggio per l'Italia.

Per quanto riguarda il corridoio marittimo, invece, SACE ricorda che nel Mediterraneo “la Cina ha definito la sua strategia marittima investendo sul porto del Pireo”, in Grecia, con l’intento di trasformarlo in un hub logistico per accedere al mercato europeo. Una scelta che, se da un lato “rende più attrattivo il Mediterraneo, dall’altro rappresenta un’alternativa ai porti italiani”, con “minori opportunità commerciali per le aziende italiane” che, almeno in apparenza, sembrano “tagliate fuori dalla rotta”.

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Le opportunità da non perdere per le imprese italiane

Infrastrutture chiave: il ruolo di porti e tunnel 

In virtù della "naturale propensione italiana verso il settore logistico-portuale", che conta un cluster di circa 160mila imprese dal valore stimato di 220 miliardi, un primo tentativo di inserirsi nel progetto della Nuova via della Seta, spiega SACE, "lo si sta facendo tramite la North Adriatic Port Association (NAPA)", di cui fanno parte i porti di Venezia, Ravenna e Trieste, oltre a quelli di Capodistria (Slovenia) e Rijeka (Fiume, Croazia).

L’associazione, si legge, sta lavorando a un progetto al largo di Venezia per creare "una piattaforma offshore plurimodale con la capacità di ricevere navi con portate elevate", provenienti dal Canale di Suez, che - lo ricordiamo - dopo l'opera di ampliamento voluta dal presidente Abdel Fattah al Sisi ha raddoppiato il numero delle navi in transito giornaliero.

Il progetto della piattaforma offshore, che vale 2,2 miliardi di euro ed è in parte finanziato con fondi pubblici (di cui 350 milioni stanziati dal Governo italiano), permetterà, spiega la società del Gruppo CDP, di movimentare tra 1,8 e 3 milioni di TEU (acronimo di twenty-foot equivalent unit, misura standard di volume nel trasporto dei container ISO e corrisponde a circa 40 metri cubi totali) ogni anno. Inoltre, il Mar Adriatico diventerebbe "un punto di accesso al mercato tedesco più diretto rispetto a quello del competitor greco, rimanendo allo stesso tempo in linea con gli standard internazionali di efficienza". 

Altre due infrastrutture strategiche sono poi il tunnel del San Gottardo (inaugurato nel 2016), che connette Italia e Svizzera, e il futuro tunnel del Loetschberg (previsto per il 2020), che collegherà Zurigo a Milano in due ore e mezza.

Essendo OBOR un progetto dai tempi di implementazione estesi, l’Italia può quindi "sfruttare alcuni dei tratti indefiniti del progetto per ritagliarsi un proprio spazio di azione" sia attraverso l’Adriatico che via terra.

AIIB: la Banca asiatica per investimenti in infrastrutture

Una leva da sfruttare, spiega SACE, è quella dell’AIIB, la Banca asiatica per gli investimenti in infrastrutture (promossa dal governo di Pechino e operativa da giugno 2016), cui l'Italia partecipa tramite Cassa depositi e prestiti.

Caratteristica fondamentale del nuovo istituto di credito, si legge nel documento di SACE, è il suo essere "pronta a valutare e finanziare progetti (a tassi che, però, non sono agevolati come quelli concessi dalle altre istituzioni multilaterali), in particolare nel settore infrastrutturale", proposti dai Paesi aderenti.

In tal senso l'Italia deve, secondo lo società di CDP, sviluppare un "approccio maggiormente pro-attivo" in modo da accedere a un maggiore bacino di finanziamenti e sfruttare al massimo "la posizione di privilegio" che oggi  occupa, con il suo status di 12° Paese aderente e una quota di partecipazione del 2,58%.

Asia Centrale: le opportunità da non sottovalutare

Interessanti opportunità per le imprese italiane posso venire anche dalle economie dell’Asia Centrale, continua lo studio. I 65 Paesi coinvolti nella Belt & Road Initiative assorbono il 27% dell’export italiano nel mondo e hanno ancora "elevati margini di crescita". 

Fino ad oggi, spiega SACE, la presenza italiana in queste aree ha riguardato quasi esclusivamente il settore Oil & Gas. Ma, in vista di un "potenziale sviluppo economico delle geografie interessate" dalla Nuova via della Seta e dallo "stimolo verso una diversificazione economica" di alcuni di questi Paesi, conclude la società del Gruppo CDP, le imprese italiane dovrebbero proporsi su questi mercati con i prodotti della meccanica strumentale, nel breve termine, e con beni di consumo dei comparti moda, arredamento e apparecchi elettrici, nel medio e lungo periodo.

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