L'Ue globale - serve più integrazione economica ma pesa rischio Brexit

Juncker - fonte: European ParliamentL’Unione economica e monetaria come primo traguardo e la Brexit come principale ostacolo.

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Se guardiamo al futuro prossimo dell’Unione europea due dati sono molto evidenti. Il primo, testimoniato anche dall’ultimo discorso sullo stato dell’Unione, è che una maggiore integrazione e un ruolo più incisivo come player  globale dovranno necessariamente passare da una maggiore integrazione economica, prima che politica: alcuni passi, come il completamento dell’Unione bancaria o l’integrazione dei mercati dei capitali, saranno essenziali. Il secondo dato riguarda la Brexit. Qualsiasi sia l’obiettivo che vorremo porci, l’uscita di Londra dall’Ue rappresenta un fattore di instabilità in grado di minare qualsiasi nostro sforzo.

La strada per l'Ue come player globale

Il disegno politico in atto per fare dell’Unione europea un player  globale è tutto nel discorso sullo stato dell’Unione pronunciato dal presidente della Commissione UE Jean Claude Juncker: prima della maggiore integrazione politica (che potrebbe passare ad esempio dall’unificazione di tutte le presidenze di Bruxelles in un unico soggetto), bisogna lavorare sull’integrazione economica.

L'Unione economica

In questo senso, l’Unione economica e monetaria (UEM) è chiaramente un processo incompleto, che andrà integrato con altri elementi. A partire dalla piena integrazione dei mercati dei capitali di tutti i paesi dell’UE. Accanto a questo, è necessario approfondire ulteriormente l’Unione bancaria. Allargando poi l’unione monetaria, per rendere tutto il sistema in grado di reagire in maniera più efficiente agli shock esterni.

I parametri di bilancio

Allo stesso tempo, bisogna andare avanti sul tema dei parametri  fiscali e di bilancio indicati dal Patto di stabilità e dal Fiscal compact. Se, infatti, la vigilanza di Bruxelles deve continuare certamente nella sua forma attuale, è anche vero che solo il trasferimento di una quota di potere di imposizione  fiscale dai paesi membri a Bruxelles potrà rendere l’integrazione finalmente piena.

L'integrazione fiscale

In questo senso, l’esempio italiano di una web tax nostrana che potrebbe scattare dal 2019 non è esattamente quello che serve. Meglio procedere in maniera coordinata tra tutti i paesi membri, soprattutto quando si tratta di disciplinare materie che esulano decisamente dai confini nazionali.

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Gli esiti della Brexit

In questo quadro, gli esiti possibili della Brexit aumentano fortemente l’instabilità dell’intero sistema comunitario. La premessa è che gli effetti economici potranno essere molto diversi se, entro marzo del 2019, momento di uscita materiale della Gran Bretagna dall’Ue, saranno trovati accordi almeno nei settori più strategici. Nel frattempo, però, le prospettive sono molto negative.

Le prospettive per l'Italia

Dell’Italia ha parlato di recente il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Spiegando che il nostro paese ha un saldo positivo di scambi commerciali con il Regno Unito di 11 miliardi, oltre a un export che vale circa il doppio. Nel caso peggiore, di un’uscita incontrollata, potremmo arrivare a perdere tra i 4 e i 4,5 miliardi di Pil.

Il Pil e il deficit di Londra

Non andrà meglio, stando ai primi dati, a Londra. E’ recente la notizia che la sua crescita 2017 sarà circa mezzo punto sotto le attese, all’1,5 per cento del Pil. E che il deficit, nelle condizioni attuali, non sarà ridotto prima del 2031. Le incertezze legate alla Brexit avranno, cioè, un impatto molto negativo sulle finanze della Gran Bretagna.

L'impatto sul commercio

E colpiranno con forza alcuni settori in particolare. A partire dal commercio. Se il Regno Unito, infatti, non riuscirà a far entrare in vigore un nuovo accordo doganale entro la data di uscita dall’Unione europea si rischiano conseguenze a dir poco catastrofiche. I servizi doganali, tra le altre cose, rischiano di essere travolti da una marea di domande. E questo, in assenza di fondi, potrebbe bloccare il commercio del paese per molti mesi.

L'università

Non solo. Ci sono le conseguenze sul mondo accademico. Un rapporto realizzato dalla British Academy for the Humanities and the Social Sciences dice che il personale dipendente degli atenei del Regno Unito rischia di essere falcidiato in massa. In alcuni dipartimenti con maggiore presenza di stranieri le uscite potrebbero addirittura riguardare una persona ogni tre.

L'impatto sulla finanza

C’è, infine, il settore nel quale l’impatto sarà evidentemente maggiore, quello della finanza. La trasmigrazione di dipendenti di grandi società da Londra in altre parti d’Europa è già iniziata e viene stimata in circa 24mila unità. Si trasferiranno soprattutto a Parigi e a Francoforte. In misura minore sarà coinvolta anche Milano. Su questo settore, però, Londra manterrà, almeno all’inizio, un ruolo fondamentale grazie all’expertise maturata negli ultimi decenni.