Fintech – banche interessate, ma ancora poco pronte a investire

Fintech - Photo credit: CafeCredit.comI risultati dell’indagine conoscitiva della Banca d’Italia sull’adozione delle innovazioni tecnologiche applicate ai servizi finanziari.

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Tre quarti degli intermediari finanziari in Italia prevede di effettuare investimenti in tecnologie e servizi Fintech, ma gli importi stanziati sono ancora modesti. E’ quanto emerge da un’indagine conoscitiva, condotta dalla Banca d’Italia, sull’adozione delle tecnologie Fintech da parte degli intermediari bancari e finanziari.

135 milioni investiti nel 2016

L’indagine è stata condotta dalla Banca d'Italia nel corso del 2017 su un campione formato da 93 intermediari: i 13 maggiori gruppi bancari italiani (significant institutions); 53 gruppi bancari meno rilevanti (less significant institutions); 23 intermediari non bancari e 4 filiazioni italiane di banche europee.

Ne emerge che circa i tre quarti degli intermediari prevede di effettuare investimenti in tecnologie e servizi Fintech, ma che gli importi stanziati sono ancora modesti. Gli investimenti, pari a 135 milioni di euro nel 2016, sono ripartiti su oltre 280 progetti; il 92% è riferibile ai principali gruppi bancari e riguarda soprattutto lo sviluppo di servizi informativi e dispositivi alla clientela (operatività dei conti correnti, servizi di pagamento, gestione dell’identità elettronica, riconoscimento a distanza).

Finanziamenti startup e innovazione

Gli investimenti delle banche minori sono concentrati su tecnologie analoghe ma dal profilo innovativo meno accentuato; i progetti degli intermediari non bancari riguardano soprattutto strumenti di pagamento, tecnologie “trasversali” e il crowdfunding.

In particolare, il 37% degli intermediari coinvolti nella rilevazione ha avviato o sta per avviare progetti di investimento nel breve termine, mentre un altro 37% intende avviare iniziative almeno nel medio-lungo termine. Soltanto il 26% non è interessato e non intende intraprendere alcun investimento in questo campo.

Anche il numero di progetti di investimento rilevati risulta elevato e, per una quota significativa, in fase di realizzazione avanzata: il 28% delle 283 iniziative Fintech è già in produzione, il 43% è approvato o in corso di sviluppo e solo il 29% dei progetti è ancora in fase di ricerca e sviluppo.

Tuttavia, il numero relativamente elevato delle iniziative contrasta con l’esiguità degli importi stanziati, complessivamente circa 135 milioni di euro per il 2016 e prevalentemente concentrati sulle banche signficative, che hanno effettuato gran parte (il 92%) degli investimenti totali. Un importo risulta tanto più modesto se confrontato con il costo di gestione delle apparecchiature IT (il cosiddetto Total Cost of Ownership), stimato in circa 4 miliardi di euro per il 2015.

Le tipologie degli investimenti Fintech

Le 283 iniziative vengono raggruppate da Bankitalia in 7 macrocategorie:

  • Tecnologie per contratti e operazioni a distanza (25% dei progetti): si tratta di iniziative per la gestione dell’identità elettronica e/o per il riconoscimento a distanza del cliente utilizzati per la sottoscrizione di servizi finanziari, comprese le attività di integrazione con il Sistema Pubblico per l’Identità Digitale (SPID);
  • Tecnologie a supporto (23%): comprendono strumenti quali Big Data, Intelligenza Artificiale, Cloud computing Open API - Application Programming Interface e IOT – Internet of things (23%) e risultano di interesse per tutte le tipologie di enti;
  • Servizi di pagamento (23%): riguardano le nuove modalità di pagamento istantaneo e tra privati P2P (peer to peer), prevalentemente attraverso dispositivi mobili, compresi i servizi che danno avvio al pagamento operati con la medesima soluzione su più strumenti di pagamento (conti bancari, carte di credito o di debito, valute virtuali);
  • Servizi Automatizzati per il cliente (16%): riguardano la consulenza finanziaria automatizzata (robo-advisor), i portali per la comparazione di offerte di servizi finanziari o assicurativi, i servizi informativi sui conti del cliente, i servizi di Customer Relationship Management Automatizzati con soluzioni di intelligenza artificiale (ChatBox);
  • Crowdfunding (3,1%);
  • DLT e Smart Contracts (2,8%);
  • Valute Virtuali (1%).

Infine, 18 progetti rientrano nella categoria residuale “altre”, non essendo classificabili nelle categorie precedenti.

I dubbi regolamentari

Privacy, sicurezza, norme sull’utilizzo degli strumenti digitali sono i principali vincoli che i servizi finanziari che intendono investire nel Fintech si trovano a fronteggiare.

La tutela della riservatezza e la protezione dei dati personali è un elemento cruciale nello sviluppo di tutte le attività e i servizi Fintech; l’attuale quadro regolamentare in materia di tutela della privacy imporrebbe eccessivi vincoli. In relazione ai servizi di pagamento, agli strumenti e alle tecnologie per la conclusione dei contratti e delle operazioni a distanza, i requisiti di sicurezza previsti per il trattamento e la circolazione dei dati personali appaiono ugualmente inadeguati, suggerendo l’esigenza di normare regole ad hoc per l’utilizzo di tecnologie biometriche e per l’autenticazione dei clienti.

Anche per gli obblighi connessi alla normativa per il contrasto del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo sono segnalate difficoltà nell’adempimento degli obblighi di identificazione e di adeguata verifica della clientela a causa della mancanza di “fisicità” del cliente coinvolto nelle operazioni e, in generale, delle modalità innovative con cui vengono svolti i servizi Fintech.

In relazione alla normativa che disciplina l’utilizzo di strumenti digitali, gli aspetti maggiormente problematici sono legati all’incertezza del quadro regolamentare in materia di firma digitale e all’assenza di una regolamentazione specifica e armonizzata a livello internazionale sull’utilizzo di strumenti tecnologici utili all’identificazione dei clienti (ad esempio le webcam).

Nell’ambito dei servizi di pagamento, la Direttiva UE 2015/2366 (PSD II) costituisce un elemento di attenzione da parte dei soggetti partecipanti alla rilevazione che evidenziano alcune difficoltà dovute all’incertezza dei tempi per l’emanazione dei technical standards e delle guidelines da parte dell’Autorità Bancaria Europea e alle complessità operative legate allo svolgimento di Account Information Service (AIS) e Payment Initiator Service (PIS).

In materia di trasparenza e correttezza dei comportamenti nei confronti della clientela, la complessità del quadro normativo di riferimento sulla prestazione dei servizi bancari e finanziari può ostacolare lo sviluppo delle iniziative nei settori del crowdfunding, dei servizi di pagamento e dei servizi automatizzati per i clienti. Viene in generale percepita l’importanza della chiarezza e della completezza delle informazioni da fornire ai consumatori, specialmente in un contesto dove l’interlocuzione con la clientela avviene tramite canali virtuali. Più in dettaglio, viene sottolineata l’esigenza di definire una disciplina specifica che tenga conto delle nuove esigenze di tutela dei consumatori e che superi l’incertezza interpretativa delle regole vigenti.

L’attuale assetto regolamentare in materia di riserve di attività è giudicato problematico dai soggetti che, a vario titolo, operano sulle piattaforme di crowdfunding. In particolare, in assenza di un quadro normativo ad hoc, i soggetti partecipanti alla rilevazione sottolineano la difficoltà nel demarcare i confini oltre quali sarebbero violate le riserve di attività e si potrebbe incorrere in sanzioni penali; le norme che disciplinano l’esercizio di attività bancaria e finanziaria sono state concepite avendo presente un’operatività di tipo tradizionale e pertanto, non considerano le modalità innovative, molto spesso inedite, con cui tali attività possono essere prestate.

Con riferimento alla normativa fiscale, una delle principali preoccupazioni dell’industria è legata all’assenza di incentivi agli investimenti tramite piattaforme di crowdfunding. Infine la disciplina di contrasto all’evasione fiscale a livello cross-border viene percepita come un ostacolo all’adozione di soluzioni Fintech e rende complessa l’operatività nell’ambito dei servizi di pagamento, della prestazione dei servizi automatizzati per il cliente e dell’utilizzo di strumenti e tecnologie per la conclusione di contratti e operazioni a distanza.

Sistema finanziario pronto a cogliere le opportunità del Fintech

Dalle valutazioni di carattere economico espresse nell’indagine, emerge l’immagine di un sistema finanziario che, pur interrogandosi ancora sui potenziali rischi e benefici, appare pronto a coglierne le opportunità ove se ne delinei un quadro meglio definito.

Le valutazioni, molto diversificate in ragione della diversa tipologia di servizio, forniscono indicazioni condivise in relazione ai servizi di pagamento e ai servizi automatizzati per la clientela; per questi servizi, lo sviluppo di presidi di sicurezza informatica, l’integrazione con le preesistenti infrastrutture informatiche e l’esistenza di assetti organizzativi e processi operativi ormai consolidati, sono considerati pressoché unanimemente fattori ostativi all’adozione delle soluzioni Fintech.

L’area dei servizi di pagamento in generale e dei nuovi canali distribuitivi in particolare, se da un lato rappresentano un’opportunità da cogliere per fidelizzare la clientela, rilanciare prodotti come le carte di credito attraverso i pagamenti elettronici, diversificare il modello di business, dall’altro impone serie incertezze legate alla sperimentazione di nuovi circuiti interbancari e al comportamento della clientela.

Alcuni intermediari segnalano problematiche connesse all’interoperabilità dei sistemi ed evidenziano aspetti quali la cannibalizzazione dei margini da acquiring in ragione dell’utilizzo di soluzioni di pagamento alternativi alle carte. Inoltre, è stato messo in evidenza che i servizi di instant payment potrebbero comportare, in prospettiva, la parziale disintermediazione del circuito bancario e quindi una diminuzione dei margini per le banche. Alcuni intermediari, al contrario, segnalano il rischio che, a fronte di elevati investimenti economici e tecnologici iniziali, la clientela potrebbe utilizzare solo marginalmente i nuovi servizi di pagamento offerti.

Infine l’ingresso nel mercato finanziario italiano di player Over the top (OTT) come Google, Apple e Facebook, potrebbe comportare la perdita della clientela più dinamica, maggiormente propensa ad utilizzare i nuovi servizi Fintech. Al riguardo, gli intermediari hanno evidenziato come spesso i nuovi servizi di pagamento offerti da società Fintech siano gratuiti per la clientela retail, almeno nella fase di lancio, in quanto mirano a creare una massa critica di adozione. Tuttavia, le pressioni concorrenziali esercitate da tali imprese sono ancora circoscritte, poiché l’offerta dei servizi di pagamento sarebbe spesso limitata a circuiti chiusi, non paragonabili ai tradizionali e pervasivi circuiti bancari.

È stata evidenziata la complessità di integrazione delle soluzioni Fintech con i sistemi informativi di back end proprietari: l’esigenza di garantire un’usabilità semplice per l’utente finale nasconde la complessità dell’infrastruttura sottostante. Gli intermediari, che percepiscono elevati rischi per la sicurezza informatica, hanno evidenziato il trade off esistente tra la facilità d’uso per il cliente e il livello di sicurezza richiesto nonché il possibile incremento dei rischi di frode nell’ambito dei servizi di pagamento istantanei. Sono stati inoltre messi in luce gli impatti potenzialmente negativi dei dispositivi utilizzabili per i pagamenti P2P sui sistemi di sicurezza e la necessità, dunque, di definire un livello standard di sicurezza informatica, di assicurare un significativo e continuo investimento negli strumenti per la gestione della sicurezza, di valutare gli effettivi rischi delle nuove soluzioni di pagamento, al momento prive di una serie storica di eventi di rischio da analizzare.

Per i pagamenti P2P, inoltre, i costi di attivazione e mantenimento sono ritenuti elevati in rapporto alle incertezze sull’evoluzione del contesto di mercato e sulla sostenibilità dei progetti nel lungo periodo. Anche per i “servizi automatizzati per il cliente” e per le “tecnologie per contratti e operazioni a distanza”, gli aspetti di maggiore problematicità sono riconducibili ai rischi per la sicurezza informatica difficilmente presidiabili, l’integrazione di nuove tecnologie con gli attuali sistemi o con i servizi contrattualizzati con i fornitori esterni e l’interesse ancora limitato da parte della clientela.

In merito alla possibilità di intraprendere iniziative di crowdfunding, emerge una scarsa propensione all’investimento per via dell’esposizione ai rischi reputazionali e per l’esiguità di risorse adeguatamente formate. La possibile riduzione dei margini di intermediazione causata dall’accesso diretto alle piattaforme da parte della clientela, la scarsa conoscenza presso il pubblico delle caratteristiche del servizio e la difficoltà di individuare target adeguati di clientela costituiscono ulteriori fattori che ostacolano lo sviluppo di questo particolare settore.

Lo sviluppo delle valute virtuali viene giudicato problematico, principalmente per la bassa maturità della domanda, per il limitato volume di affari atteso e per la relativa immaturità delle tecnologie; valutazioni analoghe sono riferibili alle tecnologie DLT e ai cosiddetti smart contracts, rispetto ai quali si riscontrano difficoltà ulteriori nell’interpretazione del fenomeno a causa degli elevati costi da sostenere in relazione ai cambiamenti dei processi aziendali già esistenti.

Infine, gli intermediari che hanno espresso valutazioni sulle tecnologie e i servizi di supporto, hanno evidenziato principalmente le difficoltà nel reperire competenze professionali adeguate e nelle potenziali minacce di sicurezza che le nuove tecnologie introducono con le relative difficoltà di integrazione con il mondo preesistente.  

Indagine conoscitiva sull’adozione delle innovazioni tecnologiche applicate ai servizi finanziari

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