Corte Conti – Italia maglia nera per spesa fondi europei

I dati sulla spesa dei fondi SIE e delle risorse allocate su strumenti finanziari rivelano i ritardi dell'Italia rispetto agli altri partner Ue.

Commissione europea

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Fondi Ue 2007-2013 - verso pieno assorbimento risorse

Italia tra i peggiori in Ue quanto a capacità di spesa dei fondi europei. In base alla relazione della Corte dei Conti europea sull'esecuzione del bilancio dell'Unione nell'esercizio finanziario 2015, alla fine dello scorso anno eravamo tra i cinque Stati membri a cui si doveva oltre la metà degli impegni inutilizzati dei fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) che non avevano dato luogo a pagamenti. E a fine 2014 eravamo responsabili, dal soli, del 45% del totale dei fondi allocati su strumenti finanziari a gestione concorrente non spesi.

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Fondi SIE, Italia tra i ritardari

Alla fine del 2015, spiega la relazione della Corte dei Conti Ue, i pagamenti agli Stati membri a valere sui fondi strutturali e di investimento europei per il QFP 2007-2013 avevano raggiunto quota 400,8 miliardi di euro (il 90% del totale per tutti i Programmi operativi approvati). Oltre la metà degli impegni inutilizzati che non avevano dato luogo a pagamenti facevano capo a cinque Stati membri: Repubblica ceca, Spagna, Italia, Polonia e Romania.

Un ritardo dovuto anche al fatto che i cinque Stati membri rappresentavano la parte più cospicua delle dotazioni dei fondi SIE, ma comunque abbastanza grave da rendere necessaria l'istituzione di una task force della Commissione che contribuisse ad aumentare i livelli di assorbimento.

Con uno sforzo in extremis l'Italia è riuscita a centrare gli obiettivi di spesa 2007-2013 entro la fine del 2015, anche se è ancora in corso la certificazione dei pagamenti che si concluderà il 31 marzo 2017.

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Strumenti finanziari, troppi fondi inutilizzati

Nell'ambito del Quadro finanziario pluriennale 2014-2020, il rapporto della Corte rileva una crescita significativa degli strumenti finanziari nell’ambito della gestione indiretta, principalmente sotto la responsabilità della BEI e composti da prestiti, strumenti azionari, garanzie e meccanismi di condivisione del rischio. Rispetto al QFP 2007-2013, nel nuovo settennato i pagamenti attesi a favore degli strumenti finanziari soggetti a gestione indiretta sono infatti quasi raddoppiati, passando da 3,8 miliardi a 7,4 miliardi di euro.

I problemi riguardano però gli strumenti a gestione concorrente, quindi attuati in collaborazione con gli Stati membri, per cui a fine 2014 risultavano inutilizzati circa 6,8 miliardi di euro, con cinque Paesi Ue responsabili dell'80% dei fondi non spesi.

La situazione più grave era quella dell’Italia, responsabile da sola del 45% del totale dei fondi non utilizzati (3 miliardi di euro), seguita da Spagna e Grecia (entrambe con fondi inutilizzati per 0,9 miliardi di euro, il 13% del totale), Regno Unito (0,5 miliardi di euro, il 7%) e Germania (0,3 miliardi di euro, il 4%), mentre agli altri Stati membri si doveva complessivamente il 18% residuo (1,2 miliardi di euro).

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Errori in calo

La relazione della Corte si concentra poi sul tasso di errore nella spesa dei fondi europei, segnalando che nell’esercizio finanziario 2015, a fronte di una spesa Ue pari a 145,2 miliardi di euro, il livello di errore stimato si è attestato al 3,8%, in calo rispetto al 4,4% del 2014.

Si è trattato di errori relativi soprattutto alla spesa operativa per le Rubriche Coesione (5,2%, contro il 5,7% del 2014) e Competitività (4,4%, in diminuzione rispetto al 5,6% del 2014) e riconducibili in massima parte a costi non ammissibili nelle dichiarazioni di spesa, a progetti non ammissibili e a gravi violazioni delle norme sugli appalti pubblici.

In generale, la Corte rileva che le criticità hanno riguardato soprattutto i rimborsi delle spese (progetti di ricerca, formazione, progetti di sviluppo regionale e rurale e progetti di sviluppo), per cui il tasso di errore si è attestato al 5,2%, contro il 5,5% del 2014, mentre l'incidenza degli errori si è fermata all'1,9% (in calo rispetto al 2,7% del 2014) nel caso dei rimborsi di diritti acquisiti, quali borse di studio e di ricerca, sostegno diretto al bilancio, stipendi e pensioni, pagamenti diretti agli agricoltori

Nel primo regime, infatti, i destinatari devono fornire informazioni accurate a sostegno delle richieste di rimborso, andando incontro a complesse norme di ammissibilità e requisiti formali. Una problema che la Commissione punta ad affrontare promuovendo il ricorso alle opzioni semplificate in materia di costi. Nel secondo regime, invece, gli errori riguardano spesso gli aiuti diretti agli agricoltori, ma sono comunque più contenuti rispetto ai progetti finanziati dai PSR, per via del carattere più semplice delle informazioni attese dai beneficiari, che in parte possono anche essere verificate prima del pagamento.

Relazione annuale della Corte dei Conti europea sull’esecuzione del bilancio per l’esercizio finanziario 2015

Photo credit: Andersen Pecorone