Piano Juncker - Commissione, superato il 50 per cento del target

La fase due del piano Juncker, ormai a un passo dal decollo, partirà da Pmi e innovazione.

Juncker - photo credit: European Parliament

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Sono queste le indicazioni che arrivano dall’incontro organizzato nel corso dell’iniziativa “Credito al credito” di Abi a Roma. Nella storica sede di Palazzo Altieri si è parlato di prestiti, famiglie, imprese e, ovviamente, del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi), la principale iniziativa messa in campo dalla Commissione europea negli ultimi anni sul fronte della crescita. Il piano ha ormai passato il giro di boa del 50% della sua capienza, se guardiamo ai progetti presentati. Così, già si pensa a cosa tarare meglio per i prossimi anni. Sono soprattutto due le priorità: dare più spazio alle piccole e medie imprese che, però, dovranno pensare ad aggregazioni, anche temporanee, e aumentare la presenza di progetti innovativi.

Raggiunto il 50% dell'obiettivo

A fare il punto sulla situazione del Piano Juncker è stato Giorgio Chiarion Casoni, capo dell’Unità finanziamento cambiamento climatico e politiche infrastrutturali della Dg Affari economici e finanziari della Commissione europea. Partendo da un dato molto rilevante: “Attualmente il fondo Efsi ha raggiunto circa il 50% dell’obiettivo totale in termini di progetti approvati. Ci aspettavamo che questo sarebbe successo tra tre o quattro mesi”.

La tabella di marcia

Il Piano Juncker, quindi, è in anticipo rispetto alla tabella di marcia che la Commissione aveva stabilito. “Questo ha indotto a passare a Efsi 2”, la versione potenziata che porta le risorse totali da mobilitare da 315 a 500 miliardi di euro. Con una precisazione importante di Chiarion Casoni: “L’intenzione, nel quadro di questi numeri, è aumentare in maniera più che proporzionale le risorse a disposizione delle piccole e medie imprese”.

L'addizionalità

Guardando a questa prima parte del piano, comunque, dalla Commissione arriva un chiarimento importante sull’addizionalità reale delle risorse messe sul piatto, più volte messa in dubbio. “Certamente nei progetti finanziati finora sono stati accorciati i tempi di finanziamento e sono state assicurate condizioni migliori in termini di tassi di interesse”. Quindi, l’addizionalità si sta giocando più su questo piano che sulla capacità di sostenere investimenti che altrimenti non sarebbero andati in porto.

Mef: incentivare settori più innovativi

Un contributo importante è arrivato anche da Valeria Cipollone, componente della segreteria tecnica del Ministero dell’Economia che, a partire da ottobre del 2014, ha messo insieme una task force di attuazione del piano in Italia. Al di là dell’impatto positivo che ha avuto finora il Piano Juncker, per il futuro bisogna aggiustare il tiro, pensando soprattutto a una politica che incentivi alcuni settori.

Rivedere i finanziamenti per la ricerca

In particolare, “bisogna insistere su tutto ciò che è legato all’innovazione, perché da questi settori dipende una crescita più sostenibile”. Inoltre, visto che storicamente i finanziamenti per la ricerca sono a fondo perduto, mentre nel caso del Piano Juncker si parla di un effetto leva basato su prestiti e garanzie, “il piano può essere un’occasione per rivedere queste logiche”.

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Incentivare l'integrazione tra imprese

L’altra priorità è “creare più integrazione”. In sostanza, il piano dovrebbe incentivare l’aggregazione tra piccole e medie imprese. “Sarebbe importante non finanziare la singola impresa ma gruppi di imprese o cluster, in maniera da superare il problema delle dimensioni, che è tipico di molti Paesi europei”.