Assemblea Confindustria: la ricetta di Bonomi per l’UE, più bilancio comune e fondi sovrani europei

Carlo Bonomi - foto di Confindustria, pagina FacebookLe imprese si danno appuntamento a Roma per l’assemblea annuale di Confindustria, l’ultima sotto la presidenza di Carlo Bonomi. Che dal palco dell’auditorium Parco della Musica lancia un appello all’UE: deve riprendere il cammino di maggiore integrazione ma per farlo ha bisogno di più risorse comuni e di fondi sovrani europei.

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Lavoro, salari, imprese e riforme. Sono tanti i temi toccati da Carlo Bonomi nel corso dell’assemblea annuale di Confindustria, cui ha partecipato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 

Lo sguardo è puntato sulla legge di bilancio, che secondo il numero uno di viale dell’Astronomia dovrebbe concentrarsi sui redditi delle famiglie, con il taglio strutturale del cuneo fiscale, spinta agli investimenti e riforme. Ma anche all’Europa, che secondo Bonomi  dovrebbe riprendere il cammino di una maggiore integrazione. 

Per farlo Bonomi sottolinea l’importanza di risorse comuni. La questione "cruciale", sottolinea, dovrebbe essere l'espansione del bilancio pubblico europeo.

Senza fondi sovrani comuni europei, nei prossimi anni si spezzerà il mercato unico”, avverte. 

L’esperienza maturata nel pieno della pandemia dovrebbe insomma fungere da faro per l’Unione Europea: quanto fatto con il fondo SURE e Next Generation EU ha permesso “un grande balzo in avanti”. Poi però il cammino si è interrotto. 

Bonomi guarda anche al grande tema della transizione energetica e non risparmia critiche all’UE: le misure prese per la transizione climatica sono state predisposte “senza considerare tutti gli interessi degni di tutela e l'enorme sforzo che lo shock dei prezzi del gas ci avrebbe inflitto”. Anche i complessi impegni previsti dal Fit for 55, il pacchetto di misure per ridurre le emissioni climalteranti del 55% entro il 2030 (rispetto ai livello 1990) e arrivare a zero emissioni al 2050, secondo il presidente di Confindustria sono stati assunti dalla Commissione europea “senza una dotazione finanziaria comune”. 

Ricorrere alle sole deroghe al divieto di aiuti di Stato per realizzare obiettivi così impegnativi”, come quelli imposti dalla transizione energetica, “condizionandoli solo agli spazi di agibilità fiscale dei singoli Stati membri, condannerà l'industria di molti paesi europei a perdere la gara”.

I rischi maggiori sono per Paesi come l’Italia, che pur essendo la seconda manifattura europea deve fare i conti con livelli di debito pubblico che condannano il Paese in partenza, non potendo contare su “neanche una frazione dei massicci aiuti di stato che Germania e Francia hanno da subito iniziato a garantire”.

Anche sui prezzi dell’energia il confronto con Parigi e Berlino sarebbe impari. Sebbene oggi “non ci sono più i prezzi dello scorso agosto però noi siamo in un mercato unico dove ci sono scelte nazionali che ci spiazzano”, dichiara Bonomi nella conferenza stampa seguita all'assemblea degli industriali. “Se Francia e Germania danno contributi, allora spiazzano l'industria italiana perché c'è una competitività interna al mercato unico. Non è la strada giusta. Dobbiamo recuperare una dimensione europea” per confrontarci ad armi pari con competitor come USA e Cina.

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