Investimenti aree svantaggiate – senza comunicazione salta beneficio

Investimenti - Photo credit: Images MoneySenza modello cvs decade il beneficio concesso all’imprenditore per il credito d’imposta per investimenti nelle aree svantaggiate del Paese.

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A stabilirlo, la Corte di Cassazione, che con ordinanza del 26 luglio 2017 ha ribadito che l’imprenditore ammesso a beneficiare del credito d’imposta per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese perde tale beneficio ove abbia omesso di presentare, entro il 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (il cosiddetto modello cvs).

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Credito di imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate del Paese 

L’articolo 8 della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388/2000) ha introdotto un credito d’imposta a favore delle imprese che, entro la chiusura del periodo di imposta al 31 dicembre 2006, effettuano nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, individuate nelle aree destinatarie degli aiuti a finalità regionale di cui alle deroghe previste dall'articolo 87.3.a) e 87.3.c) del Trattato in materia di aiuti di Stato, individuate dalla Carta italiana degli aiuti per il periodo 2000-2006.

I soggetti beneficiari del credito d’imposta sono i titolari di reddito d’impresa, con esclusione degli enti non commerciali. L’articolo 60 della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002), ha modificato l’ambito soggettivo dei beneficiari delle disposizioni di cui all’art. 8 della legge n. 388/2000 estendendone l’applicazione anche alle imprese agricole operanti nell’intero territorio nazionale.

Gli investimenti agevolabili sono le acquisizioni, comprese quelle in leasing, di beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive già esistenti o di nuova costituzione, ubicate nelle aree svantaggiate. I beni, che possono essere sia materiali che immateriali, devono possedere il requisito della novità.

I beni materiali, sia mobili che immobili, devono essere utilizzati durevolmente nell'attività dell'impresa. Quanto ai beni immobili, risultano agevolabili soltanto gli investimenti in immobili strumentali per destinazione.

I beni immateriali agevolabili sono quelli rappresentati da diritti suscettibili di tutela giuridica, vale a dire, i brevetti e le relative licenze di sfruttamento, i marchi e le relative licenze di sfruttamento; i diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno; i diritti di sfruttamento di conoscenze tecniche non brevettate (know-how).

La decisione della Cassazione

La Corte ha stabilito che l’imprenditore che non abbia presentato il modello cvs entro il termine stabilito decade dal beneficio del credito d’imposta.

Tale termine (il 28 febbraio 2003) è infatti previsto a pena di decadenza, non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del credito d’imposta fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento e non anche all’invio della comunicazione telematica.

Estratto sentenza

lOrdinanza sul ricorso iscritto al n. 13260/2010 R.G. proposto da Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato; - ricorrente - contro 2M Rappresentanze s.n.c. di Firinu Marcello e Grussu Mario, rappresentata e difesa dall'Avv. Prof. Antonio Rau, con domicilio eletto in Roma, via Panama, n. 95, presso lo studio dell'Avv. Prof. Franco Picciaredda; - controricorrente - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna, n. 29/01/09 depositata il 16 aprile 2009. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 maggio 2017 dal Consigliere Emilio Iannello.

Rilevato che l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con tre mezzi (corredati da quesiti ex art. 366-bis cod. proc. civ.), nei confronti della 2M Rappresentanze s.n.c. di Firinu Marcello e Grussu Mario (che resiste con controricorso), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Commissione tributaria regionale della Sardegna ha accolto l'appello della società ritenendo illegittimo l'avviso di recupero del credito d'imposta previsto dall'art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388, per nuovi investimenti in aree svantaggiate, notificato alla contribuente a causa dell'annesso invio del c.d. modello CVS; che il giudice d'appello ha infatti ritenuto che, «pur essendo legittima la richiesta di comunicazione dei dati» [prevista dall'art. 62, comma 1, lett. a), legge 27 dicembre 2002, n. 289] «afferenti al credito d'imposta utilizzato, a pena di decadenza per la sua inosservanza, detta richiesta non poteva essere fatta in contrasto con i princìpi e con le prescrizioni della legge 27 luglio 2000, n. 212» il cui art. 3, in particolare, nella specie risulta violato dal momento che il termine del 28/2/2003, fissato per la trasmissione dei dati richiesti, cadeva prima di 60 giorni dalla data in cui il contribuente è stato posto nelle condizioni di adempiere al relativo obbligo; considerato che con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce — ai sensi dell'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ. — violazione dell'art. 1 d.l. 12 novembre 2002, n. 253 e dell'art. 62 legge 27 dicembre 2002, n. 289, in combinato disposto con l'art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388, e con l'art. 3 legge n. 212 del 2000, per avere il giudice a quo ritenuto inoperante la sanzione di decadenza dal beneficio del credito d'imposta, prevista per il caso di mancato invio del c.d. modello CVS, erroneamente attribuendo rilievo ostativo alla circostanza che il provvedimento dell'Agenzia è stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla prevista scadenza del 28/2/2003, del termine di 60 giorni previsto dall'art. 3, comma 3, legge n. 212 del 2000; che con il secondo, subordinato, motivo, la ricorrente denuncia violazione delle medesime disposizioni, per avere la Commissione regionale ritenuto illegittimo il recupero del credito d'imposta benché questo fosse stato indebitamente utilizzato nel periodo di vigenza del d.l. n. 253 del 2002 in cui era sancita la sospensione temporanea dell'utilizzazione del credito medesimo; che con il terzo motivo, infine, rubricato «insufficiente pronuncia su un fatto controverso e decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.», la ricorrente lamenta vizio di motivazione per avere i giudici d'appello omesso di prendere posizione sui rilievi formulati dall'Ufficio nelle difese di appello; ritenuto che è fondato il primo motivo di ricorso; che, invero, come più volte affermato da questa Corte con orientamento consolidato, l'imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi dell'art. 8 legge n. 388 del 2000, dei contributi, concessi sotto forma di credito d'imposta, per l'effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare [come previsto dall'art. 62, comma 1, lett. a), legge 27 dicembre 2002, n. 289], nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell'investimento effettuato (c.d. modello CVS), essendo il suddetto termine previsto dall'art. 62 cit. a pena di decadenza e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell'investimento e non anche all'invio della comunicazione telematica (v. ex multis Cass. 23768/2013; 10772/2013; 2232/2013;19692/2012; 3578/2009; cfr. anche Corte cost., ord. 24 marzo 2006, n. 124, secondo la quale, per le esigenze di tempestiva integrazione dei dati, a disposizione dell'amministrazione finanziaria, non è irragionevole che il mancato rispetto del termine fissato per la comunicazione dei dati stessi sia sanzionato, indipendentemente dall'effettiva sussistenza dei requisiti per fruire dell'agevolazione, con la decadenza dal contributo automaticamente conseguito); che, in tale prospettiva, è stata ritenuta manifestamente infondata la censura relativa alla violazione del principio di irretroattività e, per l'effetto, del principio dell'affidamento nella sicurezza giuridica, perché la norma criticata non dispone per il passato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo, a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad oggetto un contributo già conseguito (v. Corte cost., ord. n. 124 del 2006 cit.); che, inoltre, sullo specifico tema della legittimità del termine del 28 febbraio 2003, in relazione alle disposizioni dello Statuto del contribuente, si è precisato che, se è bensì vero che le norme della legge n. 212 del 2000, emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come princìpi generali dell'ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell'Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di princìpi già immanenti nell'ordinamento, criteri guida per il giudice nell'interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), esse tuttavia non hanno rango superiore alla legge ordinaria e, conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse (v. ex aliis Cass. 6/4/2009, n. 8254); che si è ancora specificamente chiarito che, in tema di contributi concessi sotto forma di credito d'imposta ex art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388, per l'effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, l'inosservanza del termine — inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dall'art. 1, comma 1, lett. a), num. 2, d.l. n. 253 del 2002, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dall'art. 62, comma 1, lett. a), legge n. 289 del 2002 — entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell'8 luglio 2002 devono comunicare all'Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, nonché quelli ulteriori eventualmente stabiliti con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, comporta la decadenza dal beneficio, non potendosi attribuire alcun rilievo alla circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dall'art. 3, comma 2, dello Statuto del contribuente per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto il contribuente è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del d.l. n. 253 del 2002 (i cui effetti sono stati fatti espressamente salvi dall'art. 62, comma 7, seconda parte, legge n. 289 del 2002) ed il predetto termine è di fonte immediatamente legale, non superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa (Cass. 29616/2011; 19627/2009); che al riguardo è stato altresì condivisibilmente evidenziato che la disposizione di cui all'art. 3, comma 2, legge n. 212 del 2000, che fissa il termine minimo di sessanta giorni per l'effettuazione degli adempimenti da parte del contribuente, non ha uno specifico fondamento costituzionale, né il termine da essa stabilito attiene all'esercizio del diritto di difesa: il rapido susseguirsi di disposizioni aventi forza di legge non rispettose del termine indicato determina solo il verificarsi di una normale vicenda di successione di leggi nel tempo (v. Cass. 5324/2012; Cass. 21315/2013); che il ricorso merita pertanto accoglimento, restando assorbito l'esame dei restanti motivi; che, conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente; considerato tuttavia che, avuto riguardo all'epoca in cui la citata giurisprudenza si è formata, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio; P.Q.M. accoglie il ricorso; cassa la sentenza; decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della società contribuente. 

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